giovedì 14 giugno 2012

L'ultimo aereo per Venezia (1977)

Autori: Biagio Proietti – Daniele D’Anza
Regia: Daniele D’Anza
Interpreti: Marina Malfatti (Irene Oro), Maria Fiore (Giovanna Pieracci), Massimo Girotti (Marcello Masini), Paila Pavese (Germana Spagna), Nando Gazzolo (Roberto Cialdi),  Laura Becherelli (Ornella Cialdi), Giorgio Biavati (Avv. Martini), Renato Mori (giudice istruttore), Gianni De Luigi (Franco Zanni), Marcello Mandò (Avv. Del Monaco), Francesco Capitano (Mauro Giuliani), Gisela Hahan (Monica Baum), Arturo Dominici (onorevole), Giampiero Albertini (Gino Pozzato)
Scenografia: Elena Ricci Poccetto
Musiche: Armando Trovajoli
Canale: Rete 1 (RAI)
Nr. Puntate: 8
Data di trasmissione: dal 7 al 19 giugno 1977


La trama:
Roma, 1977. Luciano Baccarini, marito di Irene Oro, incontra Germana Spagna e se ne innamora. Decidono di fare un viaggio in Venezuela. Sabato sera, 12 settembre, Spagna giunge a casa di Baccarini e… lo trova morto, ucciso da un colpo di pistola sparato col silenziatore. La polizia indaga, la moglie e l' amante della vittima si accusano a vicenda tirando in ballo questioni finanziarie, debiti e lasciti ereditari. Irene Oro sembra avere un alibi di ferro: al momento del delitto si trovava ad una festa in casa di amici, a Venezia.
L'attore Marcello Masini e la domestica Giovanna Pieracci, inquilini del palazzo dove si è consumato il delitto, descrivono lo stesso uomo visto la sera della tragedia uscire con calma dal portone ed allontanarsi a bordo di una spider con una vistosa toppa sulla capote. Masini sostiene inoltre di aver rivisto la stessa auto la mattina dopo, parcheggiata nel settore Partenze nazionali dell'aeroporto di Fiumicino. Qualcuno l’ha lasciata lì prima di partire?



Un giallo TV fuori dagli schemi
1977: da qualche mese la Rai trasmette a colori, ma Ultimo aereo per Venezia fa ancora parte (fra gli ultimi) degli sceneggiati in bianco e nero che costituiscono le gemme forse più preziose della Tv di Stato.
È comunque un giallo TV “nuovo”, giornalistico, moderno, in linea con una società che si sta abituando a consumare in fretta anche la morte. Proprio il ’77 è uno degli anni più cruenti della decade “di piombo”: inaugura l’anno la banda di Renato Vallanzasca che il 6 febbraio uccide i componenti di un posto di blocco; il movimento studentesco degenera nella violenza con morti e feriti fra manifestanti e forze dell’ordine; i terroristi ammazzano Fulvio Croce, presidente degli avvocati di Torino, e Carlo Casalegno, direttore de “La Stampa”; vengono “gambizzati” il direttore del “Giornale” Indro Montanelli, e il direttore del TG1 Emilio Rossi; fa la propria comparsa nel il gruppo xenofobo-razzista “Ludwig”, che si scoprirà composto da due ragazzi della Verona bene, Wolfang Abel e Marco Furlan…
     Le 8 puntate – anche in questo L’ultimo aereo per Venezia stravolge il vecchio modo di fare sceneggiati – non vanno in onda a cadenza settimanale, ma due o tre per settimana, per conferire alla vicenda il ritmo incalzante del reportage giornalistico. Cronaca sceneggiata, inchiesta viva, testimonianza durante cui lo spettatore si imbatte in situazioni e personaggi direttamente o indirettamente legati al fatto (che gli autori chiamano “satelliti”), ciascuno con una propria storia che può essere la storia di chiunque, perciò quanto mai reale e sentita.
     «Seguiamo gli sviluppi delle indagini sul delitto dal di dentro, come se fossimo anche noi degli investigatori, o giornalisti – spiega Daniele D’Anza (Radiocorriere Tv, n. 23/1977, p.20) – […] è la società, il nostro mondo, che attraverso questi “satelliti” rappresenta se stessa».
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Curiosità:
     Anche se gli autori assicurano che L’ultimo aereo per Venezia è una storia totalmente inventata, da subito c’è chi vi riscontra analogie con il caso Ghiani-Fenaroli, avvenuto circa venti anni prima, per quanto “alla rovescia” (Cfr. Radiocorriere Tv, n. 24/1977, p.34).
     La prima corrispondenza che salta all’occhio, in effetti, riguarda le date: Luciano Baccarini viene ucciso la sera del 12 settembre, mentre sono circa le 10 di mattina dell’11 settembre (1958) quando Maria Teresa Viti, domestica di casa Fenaroli-Martirano, suona il campanello dell’appartamento al primo piano di via Ernesto Monaci 21, tranquilla strada nei pressi di piazza Bologna, e scopre il cadavere di Maria Martirano strangolata, come appureranno le indagini, fra le 23:30 e la mezzanotte. I sospetti cadono sul marito, il geometra Giovanni Fenaroli, titolare della società di edilizia Fenarolimpresa, che vive a Milano. Il movente potrebbe essere la una polizza sulla vita della moglie di un valore di 150 milioni di lire. Ma come la Irene Oro dello sceneggiato, Fenaroli a un alibi di ferro: al momento dell'omicidio non è a Roma, ma in ufficio in un'altra città con il ragionier Sacchi, amministratore della Fenarolimpresa.
     Per quasi due mesi non accade nulla, poi Sacchi, torchiato dalla polizia, riferisce di aver ascoltato una telefonata tra il suo principale e la moglie. Nella telefonata Fenaroli avvisava la consorte che si sarebbe recato da lei - a ritirare documenti molto delicati e compromettenti - una persona di fiducia, tale Raul. Lei dovrà aprirgli e consegnargli il materiale scottante. Il misterioso Raul è Raul Ghiani, elettrotecnico, conoscente di Fenaroli. I Il castello accusatorio, tutto indiziario, è semplice: Fenaroli ha bisogno di soldi ed incarica Ghiani di uccidere la consorte. Compenso per il killer: un milione di lire che lo stesso avrebbe trovato in casa della vittima. Il guaio - per l’accusa - è che Ghiani ha un alibi a prova di bomba, un alibi che però, incredibilmente, la polizia riuscirà a demolire, nonostante  alcuni misteri restino oscuri: ad esempio quello dei gioielli che Ghiani - per inscenare una rapina - avrebbe sottratto nella casa di via Monaci e che - nonostante perquisizioni accurate - salteranno fuori nella ditta dove il presunto killer lavorava, soltanto due anni dopo. Chi ce li ha messi per farli trovare a chi di dovere?
     Il caso Fenaroli si trasforma presto in un processo mediatico, seguito con vivo interesse da tutti gli italiani attraverso la stampa.
     L'11 giugno 1961 la Corte d'Assise di Roma condanna Fenaroli e Ghiani all'ergastolo. Ventimila persone, fuori dal tribunale, attendono la sentenza dalle 5 del mattino. Il 27 luglio 1963 la Corte d'Assise d'Appello conferma l'ergastolo.
Raul Ghiani riceverà la grazia nel 1984.
            Molti anni dopo il caso sarà studiato nuovamente perché si ipotizzerà una possibile vendetta contro Fenaroli condotta dall'Italcasse per liberarsi da un presunto ricatto. L'indagine, condotta dal giornalista Antonio Padellaro (autore del libro Non aprite agli assassini), mostrerà pure che la situazione economica di Fenaroli non era tanto disastrosa come si pensava e insisteva sul dato di fatto che Fenaroli non ha mai cercato di incassare la polizza per cui avrebbe ordinato l'omicidio. E poi, come in ogni fatto di cronaca italiana che si rispetti, entrano in ballo i servizi segreti deviati: Padellaro delinea lo scenario di una Tangentopoli ante litteram basandosi sulle rivelazioni di un ex agente del Sifar, Enrico De Grossi, nemico giurato del generale golpista Giovanni De Lorenzo (quello del Piano Solo del 1964), e sugli articoli che Giorgio Pisanò scrisse per "Il Candido". Secondo De Grossi, Fenaroli "entrò in contatto con un sottosegretario di Stato membro influente del partito di maggioranza relativa (la DC, N.d.R.). Ed è dall'ufficio di questo personaggio che un giorno egli riesce, non si sa come, a sottrarre documenti dal contenuto esplosivo".
Per la restituzione di quel dossier, con la prova che l'ascesa politica di un uomo di Stato sarebbe stata finanziata da un importante ente petrolifero, Fenaroli avrebbe ottenuto una bella somma. Un bottino insoddisfacente però per l'avida moglie, Maria Martirano, a conoscenza di tutti gli intricati affari e delle enormi difficoltà finanziarie del marito. La donna, dunque, secondo questa ipotesi, sarebbe stata uccisa non da un killer inviato dal marito che voleva incassare il premio di assicurazione, ma da uno o due agenti dei servizi deviati dello Stato che volevano impadronirsi dei compromettenti dossier…

mercoledì 6 giugno 2012

Giallo in Rai (2)


Emanuele Gagliardi
autore de La maschera

Abbiamo segnalato Nera la notte e La maschera, gialli-noir partoriti dalla fantasia di due dipendenti della Rai - Radiotelevisione Italiana che si sono aggiudicati ex aequo la II Edizione del Premio letterario NarreRai riservato ai lavoratori della Tv di Stato. Siamo riusciti a raggiungere telefonicamente uno degli autori, Emanuele Gagliardi (La maschera), il cui romanzo ci aveva incuriositi  soprattutto per l’ambientazione: i corridoi dei palazzi Rai in cui si rincorrono e si scontrano, invidie, stalking, ricatti a sfondo sessuale ed omosessuale…
  “Romano de Roma”, 42 anni, giornalista, studioso di politica internazionale e di storia orientale, Gagliardi si è intrattenuto volentieri a cordiale colloquio con NOSTALGIALLO raccontando la genesi del suo libro e complimentandosi con il nostro sito che, ha detto, «è un autentico paese dei balocchi» per chi come lui fa del vintage «un vero e proprio stile di vita» (la foto che ci ha inviato sembra confermare l’affermazione).

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NOSTALGIALLO: Come nasce l’idea di un giallo ambientato in Rai?
EMANUELE GAGLIARDI: In effetti è nata prima l’idea di scrivere un giallo, genere che apprezzo praticamente da quando ho imparato a leggere! Poi la passione per il vintage – che abbraccio in toto (musica, abbigliamento, letture…) come vero e proprio stile di vita – mi ha suggerito di collocare cronologicamente la vicenda nei primi anni Settanta, epoca a cui sono profondamente legato anche per questioni anagrafiche. Da ultimo è giunta l’idea di ambientare la storia dentro la Rai. Lavoro da tredici anni in questa azienda, per cui ho avuto gioco facile nel ricostruire le location ma anche l’atmosfera “un po’ taylorista, un po’ fantozziana”, come nota il commissario Soccodato che svolge le indagini nel mio romanzo. Credo, poi, che vi sia parecchia curiosità intorno alla Rai che non si vede in televisione…

N.: Ricatti a sfondo sessuale, mobbing, stalking… accade tutto questo in Rai?
E.G.: “Rai, di tutto di più”… ricordate il vecchio slogan? Scherzi a parte,… la vicenda del romanzo con tutte le sue implicazioni è di pura invenzione. La Rai è una realtà enorme, è una delle maggiori aziende di comunicazione d’Europa, il quinto gruppo televisivo del Continente. All’interno di un contesto così grande non è escluso che possano verificarsi fenomeni di varia natura e gravità. Però, ripeto, quanto narrato nel mio libro è del tutto fantasioso.

N.: Ci puoi riassumere in poche parole la trama del romanzo?
E.G.: È domenica 28 ottobre 1973, una giornata piovosa, fredda, vigilia dell’austerità che il governo Rumor sta per varare per far fronte alla crisi petrolifera seguita alla guerra del Kippur. In un condominio di Piazzale Clodio, a due passi dal Centro di Produzione Tv di Via Teulada, viene rinvenuto il cadavere martoriato di un funzionario Rai, addetto ai rapporti sindacali. Partono le indagini da cui si scopre che il dottor Guido Del Prà, così si chiamava la vittima, aveva simpatie extraparlamentari, maoiste per l’esattezza; conduceva un tenore di vita più elevato di quanto potesse permettergli il suo salario, collezionava preziose porcellane cinesi di provenienza non sempre legale e, last but not least, era omosessuale. Da queste circostanze si prospettano per gli inquirenti almeno tre piste: quella politica; quella del commercio illecito di opere d’arte che potrebbe sconfinare nello spionaggio, infatti Del Prà frequentava regolarmente agenti cinesi; infine quella dell’omosessualità. Credo che tanto basti: l’autore di un giallo deve agire come l’assassino, lasciare meno indizi possibili! Chi vuol saperne di più vada in libreria…

N.: Il titolo, La maschera, ha un significato preciso?
E.G.: Ho scelto il titolo per due ragioni. La prima del tutto contingente: volevo fissare un ricordo d’infanzia. La maschera mortuaria in bronzo del grande attore Ettore Petrolini vista in casa di amici di famiglia quando avevo sette anni. Un oggetto avvolto da un alone di inquietante mistero, per un bambino. Un oggetto che ha una sua parte nel romanzo…
Poi c’è l’accezione pirandelliana della maschera. Tutti i personaggi, eccezion fatta per il commissario e pochi altri, coprono meschinità, fobie, debolezze e perversioni dietro varie maschere: il manager d’assalto, le brave colleghe, il mite collezionista… Ovviamente anche questa fauna non è esclusiva della realtà Rai, ma fa parte della società di cui ogni ambiente lavorativo, più o meno marcatamente, costituisce una versione in scala.

N.: Il poliziotto che indaga e narra in prima persona, il commissario Umberto Soccodato, è in qualche modo un tuo alter ego? Ci sembra di riconoscere la foggia degli occhiali…
E.G.: Attingere all’esperienza personale, anche per quanto riguarda attitudini, sensazioni, emozioni, serve a modellare personaggi più plausibili. Anche la scelta della narrazione in prima persona è stata voluta per questo. Soccodato ha molto di me… compresi gli occhiali!

N.: Anche la passione per le peregrinazioni nei rioni storici di Roma?
E.G.: Assolutamente sì. Sono, per scelta e con vanto, un “diversamente motorizzato”… eufemismo politically correct per dire che non ho la patente e son contento! Quando ho tempo, prendo una delle mie macchine fotografiche, rigorosamente caricata con pellicola in bianco e nero, e mi tuffo per i quartieri romani a caccia di immagini, scorci, dettagli. Monti, Trastevere, ovviamente, ma pure Ostiense, San Giovanni, Centocelle… Roma non è solo Colosseo e Piazza di Spagna. Mi piace sviscerare la storia: il frammento di capitello  imperiale incastonato chissà perché nei muri di un palazzo ottocentesco; la testa levigata da venti secoli d’intemperie incastrata fra i mattoni di una torretta medievale; le buche per le elemosine, accanto ai portali delle chiese, decorate con teschi, scheletri e demoni, memento mori per spronare a far del bene finché si è in tempo… Roma è piena di piccoli e grandi misteri.

N.: In Rai, a quanto risulta dalle note in terza di copertina del tuo libro, ti occupi di archivi multimediali. Il tuo lavoro ha avuto una parte nella stesura del romanzo?
E.G.: Lavoro presso la Direzione Teche, in pratica il baule dei ricordi della Rai. Non un deposito polveroso o di saltuaria utilità, ma un vero e proprio tesoro iconico che viene recuperato e salvaguardato con moderni sistemi digitali. Parliamoci chiaro: la Rai è l’unica custode delle immagini di almeno un trentennio di storia italiana! E anche dopo l’avvento delle televisioni commerciali ha continuato ad essere testimone dell’evoluzione storica e sociale del Paese. Di certo il materiale a cui ho accesso per ragioni professionali si è rivelato insostituibile nella ricostruzione minuziosa e fedele dell’epoca narrata nel romanzo, dalle notizie di cronaca al telequiz, dalla hit-parade al varietà.

N.: Hai altri gialli «vintage» nel cassetto?
E.G.: Sì. Uno è ambientato in una località balneare della riviera romagnola nell’estate 1966, scandito dalle partite dei Mondiali d’Inghilterra prematuramente chiusisi per la Nazionale di Mondino Fabbri con la bruciante sconfitta per 1-0 ad opera della Corea del Nord. Un altro di svolge a Roma, durante il caso Moro e un altro ancora, in fase di revisione finale, si sviluppa nei giorni della nevicata del marzo 1971… Ora si tratta di riuscire a far passare questi manoscritti dal mio cassetto a quello delle evidenze di qualche casa editrice!

Giallo in RAI

     Negli anni Sessanta e Settanta la RAI ha prodotto vari sceneggiati e telefilm (originali o adattamenti) di genere giallo e noir. Ci siamo già occupati di due fra i meno noti – La traccia verde (1975) e Il terzo invitato (1977) – e ci riproponiamo di presentarne altri, rovistando fra i ricordi in bianco e nero.
     In questo post intendiamo segnalare, invece, una recente produzione “gialla” in casa RAI. Non si tratta di sceneggiati o telefilm, ma di due libri, vincitori ex aequo della II Edizione del Premio NarreRai 2011 (concorso letterario riservato ai dipendenti del gruppo RAI) pubblicati dalla editrice ERI. Storie gialle scritte da due dipendenti RAI, Riccardo Besola ed Emanuele Gagliardi, ambientate negli anni Settanta, a Milano e a Roma. Vicende egregiamente contestualizzate dagli Autori che si dimostrano abilissimi nel ricreare le atmosfere dell’epoca, finanche nei colori, negli odori, nelle musiche…

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Riccardo Besola – NERA LA NOTTE, Rai Eri, Roma 2012, pp. 176, € 9,00.
     Quattro racconti lunghi noir (Mario il Biliardo - Effetto domino - La bocca del diavolo - Mazurka di periferia) ambientati a Milano, fra le sue periferie e ai suoi margini, a cavallo tra anni Settanta e Ottanta. Epoca in cui la delinquenza non faceva sconti e la quiete pubblica era spesso tormentata da criminali senza scrupoli. Storie di persone nella cui vita la normalità è un’apparenza che nei singoli racconti viene disgregata di pari passo con il paventarsi di inattese verità.
     Besola descrive lo stile di vita dei “cattivi”, che non esitano ad uccidere e devono spesso sopravvivere ad un gioco senza regole dove chi perde muore, trascinando il lettore nell’immedesimazione in questi personaggi fino a fargli intravedere l’altra faccia della storia di un crimine: quella vista dalla parte dei colpevoli o dalla parte di chi vi è coinvolto senza volerlo.
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Citazione:
«Liù non riusciva a smettere. Non sapeva cosa le era preso. Stava immaginandosi l'indomani. La settimana successiva. Il mese. L'anno. Gli anni. Quel buco davanti a lei era talmente vuoto che con qualcosa doveva pur riempirlo».

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Emanuele Gagliardi – LA MASCHERA, Rai Eri, Roma 2012, pp. 180, € 9,00.
     Un noir con tutti i requisiti per appassionare e qualche volta far sorridere il lettore: la misteriosa morte di un funzionario RAI, un commissario amante della buona cucina e delle passeggiate nei rioni storici di Roma, un ispettore perennemente raffreddato… un colpevole.
     L'originalità sta nell'ambientazione: gli insediamenti della RAI a Roma (viale Mazzini, via Teulada) negli anni ’70. Nei labirinti della «Rai che non si vede» si celano intrighi, interessi, ricatti a sfondo sessuale,… ma le intuizioni del salace commissario, aiutate dalle «voci di corridoio», porteranno ad individuare l’assassino, con finale a sorpresa.    
     Omosessualità, mobbing, stalking…realtà di ieri e di oggi in un giallo vintage in cui l’Autore, in Rai dal 1999, ripropone, con una spruzzata di nostalgia, l’Italia un po’ provinciale ma genuina le cui giornate sono scandite dai pasti con la famiglia e dai programmi in bianco e nero della Tv monopolista: Canzonissima, Rischiatutto, La domenica sportiva, le telecronache differite delle partite di campionato…

Citazione:
 «Se nel palazzo di cristallo di viale Mazzini si respira l’aria della grande azienda moderna, scoppiettante di efficientismo un po’ taylorista un po’ fantozziano, a via Teulada si sente l’agitazione del dietro le quinte, quella baraonda artigianale dei teatri di posa, col sentore di fumo e di segatura. Una Cinecittà in scala, con illusioni, affabulazioni, seduzioni, ammassate dietro la maschera di un elettrodomestico».